Circa 1200 anni fa il sacerdote buddista giapponese En’nin, mentre studiava il Buddismo in Cina, fece un sogno misterioso. In quest’ultimo un monaco santo gli disse: “Quando tornerai in Giappone, vai verso est. Lì troverai una montagna sacra a 30 giorni di cammino da Kyoto. Erigi una statua del bodhisattva (saggi compassionevoli che, nonostante abbiano ottenuto la liberazione e l’illuminazione per diventare un Buddha, rinunciano al loro grado per aiutare gli uomini e guidarli verso la salvezza) Jizō, quindi inizia a diffondere il Buddismo.”
En’nin così torno in Giappone e nonostante numerose difficoltà, viaggiò a piedi attraverso molte province, nella speranza di trovare la montagna sacra descritta nel sogno. Dopo 30 giorni arrivò nella zona montuosa della penisola di Shimokita. Qui trovò un luogo che richiamava esattamente tutto quello che gli aveva detto il monaco. Quel monte era proprio l’Osorezan.
Affascinante vero? Ancora di più lo è il monte in questione, posso assicurarvelo con certezza, dopo aver camminato in lungo ed in largo sul suo terreno brullo e roccioso.
Il nome Osorezan (恐山) è tradotto letteralmente come “Monte del Terrore“, un nome che deriva in parte dall’eccezionale paesaggio della montagna stessa. La zona infatti è ricca di attività vulcanica e un forte odore di zolfo permea l’aria ed investe le narici, ma dopo un po’ ci si fa l’abitudine. Il terreno invece è segnato da aperture che producono vapore, bolle e soffiano acqua calda.
Il lago Usori, situato vicino al tempio, il Bodaiji, è colorato di varie tonalità di blu proprio a causa del suo alto contenuto di zolfo. Il consiglio è sicuramente quello di fare una passeggiata lungo le sue sponde per ammirare questo spettacolo, ma c’è comunque da fare attenzione perché le sue acque sono velenose.
L’Osorezan, che insieme al Koyasan e Hieizan è classificato come uno dei tre luoghi più sacri del Giappone, è anche conosciuto come la porta per l’aldilà, perché presenta elementi geografici simili alle descrizioni dell’inferno e del paradiso buddista, tra cui gli otto picchi circostanti (che insieme al resto del paesaggio, formano un fiore di loto a 8 petali, simbolo del mondo di Buddha) e un fiume, Sanzu no Kawa, che deve essere attraversato da tutte le anime morte nel loro cammino verso l’aldilà e che è spesso paragonato al fiume Stige dell’antica mitologia greca.
Tra le anime che cercano di attraversare il fiume ci sono anche le anime dei bambini defunti e dei bambini non ancora nati, che costruiscono mucchi di ciottoli lungo il letto del fiume (Sai no Kawara) nel tentativo di raggiungere l’altra sponda. Sono aiutati proprio da Jizō, popolare Bodhisattva venerato nel buddismo giapponese, che protegge il passaggio delle anime dai demoni malvagi, che cercano costantemente di distruggere i mucchi di sassi. Un luogo davvero misterioso, che custodisce un Giappone antico, perduto ed allo stesso tempo permeato dal misticismo delle leggende che lo accompagnano e su cui ci sarebbe molto altro da dire, come ad esempio parlare delle Itako, che possono comunicare con i defunti, ma questa è un’altra storia…